TRAPANI NUOVA Venerdì 17 luglio 1987 Italiana d’Oggi(1965-1985)

Alla fine degli anni sessanta, anche sul parallelo siciliano, e particolarmente alla longitudine ovest, si verificò un forte rilancio dell’impegno in letteratura, con la formazione di un «Antigruppo 73». (Si veda, per tutto, G. Zagarrio, Febbre, furore e fiele, cit. pp. 356 sgg.) Le anime che costituivano il movimento finirono per portare presto a contrasti e scissioni, ma il senso fondamentale dell’operazione era stato comunque fissato dall’autunno del 1969 in ventuno punti stilati dall’italo-‘ americano di Trapani Nat Scammacca. (Riportati poi nel volume a più voci, curato dallo stesso Scammacca, Una possibile poetica per un Antigruppo. Trapani, Celebes, 1970.) In essi si affermavano che ciò che più conta nella poesia non è il linguaggio ma il tono e Patteggiamento del poeta, che devono essere anarchici e polemici contro ogni capogruppo o autorità editoriale e contro lo status quo ma tolleranti della realtà degli altri. (Per questo mentre si diceva che lo scrittore non fa più parte di una classe privilegiata, si lanciavano parole d’ordine di ultrademocrazia letteraria: «Viva tutti i presumibili sottoboschi, l’espressione degli insignificanti è democrazia diretta… Che i peggiori scrittori, i balbuzienti suonino pure la loro campana imparando da quel suono il linguaggio».) Il poeta, si continuava, deve sempre basarsi sulle proprie esperienze, deve creare espressioni semplici e concrete, dare più importanza al contenuto che alla forma e più peso alla passione e alla spontaneità che all’intelletto, e deve sentire un naturale amore per il caos e la confusione specialmente in campo letterario. Infine, prova della validità della poesia è la sua comunicabilità attraverso la recitazione, e suo scopo è l’essere ricerca dell’esistenza e della sopravvivenza dell’uomo.

                 Grafiche di Nicolò D’Alessandro
FUMATORE (o «chi sei tu?») - China 1982

FUMATORE (o «chi sei tu?») – China 1982

Se altre proposte si muovevano in ambito non dissimile (P. Terminelli, ad esempio, scriveva contro la «funzione generatrice deformante dell’attuale sclerosi della sinistra … L’Antigruppo si identifica con il movimento studentesco … con le masse proletarie responsabilizzate … » [op. cit.. pag. 89-90]), non mancarono voci discordi come quella di Ignazio Apolloni («Si combatte l’autorità con l’autorità?») che proponeva lo scioglimento dell’Antigruppo, al quale peraltro personalmente non aveva mai aderito.

 Grafiche di Nicolò D’Alessandro

Il nucleo iniziale dell’Antigruppo comprendeva Rolando Certa. Crescenzio Cane, Gianni Diecidue, Nat Scammacca. Pietro Terminelli, ai quali poi si aggiunse Santo Cali, ed ebbe inizialmente il suo organo in Impegno 70 (divenuta Impegno 80) diretta da Certa. Questi, presentando la rivista, offrivano che il primo impegno dell’intellettuale doveva essere «quello di mobilitare tutte le sue energie e la sua volontà per riscattare l’uomo dai gravami dell’illibertà e della barbarie» (su questo punto, è sintomatico che nel n. 2 della rivista si enunciasse esplicitamente il legame Sicilia- Toscana, realizzato con la collaborazione di molti poeti toscani da noi già ricordati. Molte furono anche le collaborazioni straniere [Neruda. Alberti, Seferis, Ritsos. Ferlinghetti, ecc.]; da qui, il rigetto di un linguaggio artificioso, il passaggio da una fase di lotta individuale a un’altra di lotta collettiva, infine la battaglia contro i burocrati* i padroni dell’editoria cui andavano opposti non solo gli ormai consueti strumenti del ciclostile e degli opuscoli (Certa si rifaceva esplicitamente alle tesi del I Congresso nazionale del Psiup ove «all’intellettuale si riconosce piena autonomia e libertà d’azione, ma gli si ricorda un dovere di primo piano: di non dimenticare mai, nel suo lavoro culturale, di legarsi alle masse, di restare fedele interprete alle istanze delle classi lavoratrici» Nel n. 4-7 [gen.dic. 1972] la rivista s’impegnava direttamente contro la mafia, ma i recitals in piazza, largamente sperimentati, e con notevole successo, dall’Antigruppo in Sicilia.

Non tardarono però a emergere differenze tra le varie componenti dell’Antigruppo. Quella populista e democratica, e quella neosperimentalista. La prima intendeva continuare la lotta contro il disimpegno ideologico e per la valorizzazione Underground e della cultura siciliana e lo scambio culturale con tutti gli «anti» d’Italia e gli «under» d’Europa e d’America, rimproverando agli scrittori dell’altra componente l’esasperato individualismo, il massimalismo verboso ecc.) replicarono fondando una loro rivista(Antigruppo Palermo poi divenuto Intergruppo) e accusando gli ex amici di riadottare schemi neorealistici e populistici. Il loro neo sperimentalismo si accostò poi alla poesia visiva, superata poi dalla «singlossia», cioè la «complementarità di due o più linguaggi tradizionalmente autonomi», quale già si realizza nei mass-media con un processo di sovrapposizione o identificazione delle cosiddette Arti belle e le cosiddette Arti minori. Queste posizioni portarono alia rivista un congruo numero di collaboratori che veniva da esperienze avanguardistiche già collaudate negli anni sessanta. Lamberto Pignotti, Luciano Ori, Lucia Marcucci, Sebastiano Vassalli, Gianni Toti, cui si affiancarono nomi nuovi o diversamente atteggiati. Ignazio Navarra, Luciano Cherchi, Domenico Cara, Elvezio Petix, Attilio Lolini. Ciro Vitiello, Andrea Genovese, Luigi Di Ruscio, Antonio Sacca, ed i già ricordati poeti stranieri. Nel frattempo Apolloni e Terminelli proseguirono il loro lavoro, ma in modi assai diversi: Apolloni puntando sull’humour la vena fiabesca accompagnata però a un’illuministica fiducia nella scienza; Terminelli affidandosi prevalentemente all’invenzione di un verso lungo, articolatissimo, dove si affastellano, in un magma che deborda da ogni misura, riferimenti, citazioni, motivi, nomi e richiami da tutte le provenienze in una sorta di dialogo senza limite e forse senza interlocutori e risposte.

rescenzio Cane La Bomba Proletaria

rescenzio Cane La Bomba Proletaria

Grafiche di Nicolò D’Alessandro3Senza titolo

Ma per tornare al nucleo “storico” dell’Antigruppo, i suoi prodotti vanno ricercati nei due ponderosi volumi antologici curati da Santo Cali (Cali mori nel dicembre 1972: il secondo volume usci perciò a cura degli amici sulla traccia che lui lasciato. Rimane infatti l’inconfondibile impronta editoriale che fa dell’opera un unicum per carta, formato, grafica, ed ecc…, testimoniare la notevole personalità di Santo Cali), edito dalla Cooperativa Antigruppo. Antigruppo 73 (edito dalla Operatori Grafici Giuseppe Di Maria) e dal successivo Antigruppo 75 (ed. Trapani Nuova) curato da Nat Scammacca. I nomi più interessanti sono probabilmente quelli che abbiamo già ricordato, ma un messaggio particolare viene da Danilo Dolci, che riprende e chiarisce il suo tema preferito della non violenza: «Vi lascio una vita scoperta intensamente giorno per giorno: ho cercato con voi di guardare oltre l’attimo, vivendolo, di vedere oltre i giorni, oltre gli anni. di imparare a collaborare, di premer con a gente per cambiare questa terra, ma non contrapponendo l’azione non violenta alla violenta se rivoluzionaria, praticando l’impegno non violento per il nuovo come figlio, sviluppo più perfetto dell’impegno violento» e ancora «Rivoluzione è curare il curabile profondamente e presto, è rendere ciascuno responsabile coscientemente ed effettivamente – non credendo che la sola violenza possa cambiare».cane - 0002

Al punto estremo di una poesia civile caratterizzata dalla popolarità e comunicatività dei contenuti si colloca Rolando Certa, di cui va ricordato almeno Sicilia pecora sgozzata (Impegno 70, 1974), poesia di «uno come tanti, con un po’ di cuore». Certa è morso da un’autentica passione che si tinge spesso di toni sentimentali («Ovunque è cenere in contrada Giarre.. Eppure io so che, fra quelle cenere, è raccolto il rantolo dei vecchi, il pianto dei bambini. il mesto sorriso delle madri, l’ultima carezza innamorata») che ne siciliana – Portella della ginestra, il Belice, il 1° Maggio, la «Sicilia madre contadina», il Cristo bracciante – ma accanto a questo dolente attaccamento alla sua terra fiorisce il «diario d’amore» (Le antinomie. Castelvetrano, Mazzotta. 1981), la lirica come espressione di un sentimento individuale altrettanto genuino in lui quanto quello che lo lega alla battagli comune. E lo stesso potrebbe dirsi per Carmelo Pirrera, narratore e poeta vicino letterariamente al mito della Sicilia saracena (si vede in particolare Luna saracena. Palermo, il Messaggio, 1971) e biograficamente alla Sicilia interna di muli e trazzere da cui deriva una patina di tristezza arcaica che lo accompagna sempre, se a temperarla non sopraggiungesse spesso un accento di ironia e un andar leggero e quasi disincantato che tolgono alle sue pagine quel tono, in altri talvolta troppo greve, di protesta o di lamento o di preghiera. Con Nat Scammacca, infine, l’Antigruppo registra cerniera tra l’effusione epico-lirico-didascalica e la ricerca neo- sperimentale; ma lungi dal trattarsi di una pacificatrice mediazione, è l’instancabile spirito polemico a rilanciare di continuo le sue proposte valide soprattutto per Yanimus che le muovono e le rinnovano. Scrittore in inglese con i testi tradotti a fronte, Scammacca si arricchisce di questa doppia sollecitazione culturale, che è americana per le origini e le forti esperienze giovanili, e siciliana per appassionata elezione letteraria e politica, riuscendo a fonderle nel fuoco della sua pro polemico a rilanciare di scan_02092014132023_0019_001continuo le sue proposte valide soprattutto per Yanimus che le muovono e le rinnovano. Scrittore in inglese con i testi tradotti a fronte. Scammacca si arricchisce di questa doppia sollecitazione culturale, che è americana per le origini e le forti esperienze giovanili, e siciliana per appassionata elezione letteraria e politica, riuscendo a fonderle nel fuoco della sua prorompente personalità: «Io sono con la gente silenziosa e ne conosco le passioni che ribollono allo scirocco vento di vendetta» (Sicily).                                                  Nat Scammacca disegno di Nicolò D’Alessandro

Ma la figura che garantisce l’immagine culturale dell’intero movimento letterario siciliano è stato indubbiamente Santo Cali, geograficamente un siculo orientale (della zona Etnea di Linguaglossa) ma con stretti legami con l’occidente dell’isola. Cali’, poeta prevalentemente in dialetto siciliano (spesso con traduzione a fronte) aveva rielaborato dal profondo del passato il mito della Sicilia saracena (si vedano, ancora nelle sue opulente ma non sgarbate edizioni. Saraceni di Sicilia. Edigraf, 1972), carica di mille memorie luminose e di segni drammatici, ricca i grandi testimonianze e misera di un’attualità senza speranza di riscatto. Il rifiuto della grecità sicula assume quindi il valore di un gesto polemico che si fronti dei romani, dei normanni, degli spagnoli, dei napoletani, dei piemontesi, e per il quale la sola patria storica è mente nei suoi Caini siciliani (in La notti longa, 2 vv.. Lingua- glossa, 1972) scritti in un dialetto che trascrive la lingua dei sottoproletariato pastorale dell’Etna, ma che pur si arricchisce, in un impasto nonostante tutto credibile, di apporti storico-culturali novecenteschi. Gli stessi del poemetto in italiano Yossiph Shyryn (Trapani, Antigruppo, 1980), spietata filippica contro tutte le violenze, gli inganni, gli orrori di cui è autore il mondo del capitalismo sfrenato, e mente nei suoi Canti siciliani (in La notti longa, 2 vv.. Lingua- glossa, 1972) scritti in un dialetto che trascrive la lingua dei sottoproletariato pastorale dell’Etna, ma che pur si arricchisce, in un impasto nonostante tutto credibile, di apporti storico-culturali novecenteschi. Gli stessi del poemetto in italiano Yos- siph Shyryn (Trapani, Antigruppo, 1980), spietata filippica contro tutte le violenze, gli inganni, gli orrori di cui è autore il mondo del capitalismo sfrenato, che ha dato all’isola un’età fiorente. A quel passato ormai del tutto remoto fa riscontro la povertà e l’umiliazione del presente che ritroviamo in quasi tutta l’opera di Cali’ e pricipal-vittima la vittima di sempre, l’umile, l’emigrante, l’erede espropriato della Sicilia saracena — come Giuseppe Cirino che in America ha perduto perfino il nome…

Emanuele Madarà 

Le barbe blu. grigiastre. a gomitolo. in vendita nella boutique appiccicaticce in estate, nella estradizione della stampa a grande editoria del formato umano,barbe cavernicole. di trogloditi ,di tita femminee nella contesta azione di mischia del razzo del Dr. Zarro di Alex Raymond, del nipote-parente. pare nei co di Flash Gordon. In copertina del rotocalco, negli incartamenti degli scarto dei giudici di Padova per il sequestro. l’estro poetico introiettante. estromesso per banda armata, a larga banda nell’apparecchio ricevente dall’antenna del terrazzo: la tromba in sassofono. rullo di tamburi. di letterari Tam-tam.  Il borotalco acceca spruzzata la maschera della disinvoltura. il sostanziale ricredente spazio della naturalità. I il clown in imbarazzo nel su e giù bizzarro crine della Le barbe blu, grigiastre. a gomitolo. in vendita nella boutique. I appiccicaticce in estate. nella estrascan_02092014132023_0017_001dizione della stampa a grande editoria del formato umano. I barbe cavernicole. di trogloditi. di tita femminee nella contesta/azione. I di mischia del razzo del Dr. Zarro di Alex Raymond. del nipote-parente. I pareneico di Flash Gordon. I In copertina del rotocalco, negli incartamenti degli scartoffie dei giudici di Padova per il se­questro l’estro poetico introiettante. estromesso per banda arrnata, I a larga banda nell’apparecchio ricevente dall’anten­nascan_02092014132023_0009_001 del terrazzo: I la tromba in sassofono, rullo di tamburi. di letterari tam-tam. I Il borotalco acceca spruzzata la maschera della disinvoltura. il sostanziale ricredente spazio della natu­ralità, I il clown in imbarazo nel su e giù bizzarro crine della parrucca, della metamorfosi, crespa gonfiatura sul mento e sulle labbra. I Le forbici sono sonnolenti al taglio con aguzzo, di anatomica irradiazione, I luccichio della focalizzazione nel­la statura di marmo, nello stretto riquadro di un quadro della donna gioconda di Leonardo, I la madonna pescata dal terre­moto dalle barbe degli uomini in una cortina d’Ampezzo, I d’amplesso del sentimento del pittore Antonello, senza co­gnome. lapide nella epigrafe della tomba. I Le barbe sono in tantissimi tagli, negl esemplari stupendi. studiati dai cultori I dalle tendenze delle pelli. dai tendaggi. dai risucchi dei baci. dalla peluria calcolatrice della insenatura della vagina. I Di­sposte e allineate. lineari e visive. in scambi e interscambi di intergruppo. I di api e apicelle, di sorellastri e mariti. di ternpli contemplati dai templari, I da inzuccheramenti. da verniciatu­re di glucosio; di sangue del marxismo. I dell’oro colato e so­speso per i calchi dei lingotti. le lingue vermiglie; di sputi car­tacei dei cavalieri di Malta, I d’altri impasti di sette di murato­ri. I La sindrome delle barbe è sempre nuovissima, di zecca come la moneta all’uso del valore di scambio, I del postnovis­ma. del rizoma sempre assuefacente, agente del futurismo della macchina perfetta della barba allineata in considerazio­ne dei tradimenti editoriali, I dei tanti «bìa bla bla», e altre onomatopee. I Le barbe si catalogano storicamente in tagli e ritagli, nei centri del disegno e del cucito, I nelle pentole del cucinato, del cugino della loggia della «P2» e di altre “P» della pipì. oltre la cacca I del carnevale. scoperto nel maggio france­se da De Gaulle; fottute. infoltite, I arricciate, arricchite da una crisi di lozione del linguaggio di Vassalli, I di ombre sgombre, di inesistenze furbe e taciturne, di claque, di dita lunghe. I pendule nei teatri degli -Assiri, nella sera televisiva ad occhi aperti e con le lenti in contatto I tra scintille di luce, di fili di rame e di nastro dell’iso

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di PIETRO TERMINELLI

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